Durante i mesi difficili del lockdown e della pandemia papa Francesco, come ha sempre fatto fin dall’inizio del suo Pontificato, ha fatto giungere agli ultimi il proprio aiuto «con speciale larghezza» a Roma, in Italia e nel mondo. Una carità «fattiva», concreta, sotto agli occhi di tutti, che richiede il sostegno da parte di tutti i cristiani «far giungere più lontano il grande cuore del Papa».
Lo ricorda il segretario generale della Cei, il vescovo Stefano Russo, nella lettera arrivata in tutte le parrocchie assieme ad Avvenire e alla locandina della Giornata per la carità del Papa, che, dopo essere stata rimandata a causa della pandemia (la data tradizionale è l’ultima domenica di giugno in connessione con la solennità dei santi Pietro e Paolo), è stata fissata per domenica 4 ottobre. Ricordando la preghiera presieduta dal Papa il 27 marzo sul sagrato della Basilica Vaticana, Russo nota che «l’immagine del Santo Padre che percorre da solo la piazza ha smosso le coscienze di tutti. La pioggia scrosciante sembrava simboleggiare le lacrime di disperazione e di aiuto di un mondo su cui inaspettatamente era “venuta la sera”.
La “solitudine” del Papa davanti alla Basilica resterà, nell’immaginario collettivo, l’icona dell’angoscia che pareva insi- diare pensieri e azioni, mentre la pandemia seminava incertezze e lutti costringendo tutti a scelte difficili». Eppure, aggiunge il segretario della Cei, «proprio dentro quella solitudine estrema, con la sola compagnia del Crocifisso di San Marcello, ci siamo ritrovati tutti uniti nei medesimi sentimenti, affratellati anche nello smarrimento, saldi nella consapevolezza di non essere più padroni del nostro destino ». Ricordarci che siamo tutti sulla stessa barca, continua la lettera, è stato «un invito a essere (tutti insieme) Chiesa-madre. È un percorso ben preciso, che non nascondendo sconforto e smarrimento, chiede comunione e condivisione. Abbiamo bisogno gli uni degli altri, ognuno ha qualcosa di irrinunciabile da donare al prossimo, qualunque tempesta è affrontabile nell’affidamento reciproco». «Non siamo autosufficienti», ci ha ricordato il Papa: «È una verità che faremmo bene a custodire dentro di noi come l’eredità preziosa di un tempo aspro che ci è stato dato di attraversare, non da soli – nota Russo –. Mettendosi al fianco di chi si trova più in difficoltà, la Chiesa italiana ha aperto le mani con la vicinanza dei sacerdoti e delle parrocchie e con un sostegno economico alle situazioni di maggiore disagio attingendo ai fondi dell’8xmille, che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica. Vicini si è con la presenza amica, la parola fraterna, ma anche con l’aiuto materiale, che spesso si fa indispensabile. In questo, Francesco è stato d’esempio a tutta la Chiesa. Ora spetta a noi aiutare lui». La Giornata per la carità del Papa, quindi, «giunge quest’anno come una prima opportunità per far tesoro di ciò che abbiamo vissuto e imparato nei giorni bui. Incoraggiare la generosità delle persone per sostenere la carità fattiva del Santo Padre – continua il vescovo – vuol dire aiutare la maturazione dei frutti che il tempo della prova può far crescere nelle comunità cristiane come segno per la società. Fare appello alla magnanimità della gente è un gesto che assume un valore speciale proprio per l’incertezza del momento che attraversiamo».
Oggi, conclude Russo, «c’è bisogno di testimoni della speranza per dare sostegno vero a chi teme di non farcela, e per far giungere più lontano il grande cuore di papa Francesco. L’offerta per la sua Carità durante le Messe del 4 ottobre è un modo semplice ed esplicito per dire la nostra gratitudine verso la paternità che ci ha mostrato una volta in più, facendo risuonare le parole di Cristo sulla barca nella tempesta: “Non avete ancora fede?”. Stiamogli vicino, stretti a lui sulla stessa barca».©
fonte Avvenire